Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/386

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376 PARAWSO La somma Essenza della quale è inunta. 87 Quinci vien l’allegrezza, onde io fiammeggio, Perchè alla vista mia, quanto ella è chiara, La chiarità della fiamma pareggio. 9) Ma quell’ alma nel Ciel che più si schiara, Quel Sarafin che in Dio più l’occhio ha fisso, Alla dimanda tua non soddisfara; 93 Però che sì s’inoltra nell’abisso Dell’eterno statuto quel che chiedi, Che da ogni creata vista è scisso. 96 E al mondo mortal, quando tu riedi, Questo rapporta, sì che non presuma A tanto segno più mover li piedi. La mente che qui luce, in terra fuma: Onde riguarda, come può, laggiue Quel che non puote, perchè il Ciel l’assuma. tO Sì mi prescrisser le parole sue, Ch’io lasciai la quistione, e mi ritrassi A dimandarla umilmente chi fue. Tra due liti d’ Italia surgon sassi, E non molto distanti alla tua patria, Tanto che i tuoni assai suonan più bassi, 108 E fanno un gibbo, che si chiama Catria, Di sotto al quale è consecralo un ermo Che suole esser disposto a sola latria. III Così ricominciommi il terzo sermo; E poi continuando disse: quivi Al servigio di Dio mi fei sì fermo, I l! Che pur con cibi di liquor d’ ulivi Lievemente passava caldi e gieli, Contento nei pensier contemplativi. 117