Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/431

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canto

XXIV.

Seinbianze feinmi, perchè io spandessi L’acqua di fuor del mio interno fonte. La grazia che mi dà ch’io mi confessi, Cominciai io, dall’ alto primipilo, Faccia li miei concetti essere espressi. 60 E seguitai: come il verace stilo Ne scrisse, padre, del tuo caro frate, Che mise Roma teco nel buon filo, 63 Fede è sustanza di cose sperate, E argomento delle non parventi: E questa pare a me sua quiditate. 66 Allora udii: dirittamente senti, Se bene inLendi, perchè la ripose, Tra le sustanze, e poi tra gli argomenti. 69 E io appresso: le profonde cose, Che mi largiscon qui la br parvenza, Agli occhi di laggiù son sì nascose, 72 Che l’esser loro v’è in sola credenza, Sopra la qual si fonda l’alta spene: E però di sustanza prende intenza. 7 E da questa credenza ci conviene Sillogizzar senza avere altra vista: Però intenza di argomento tiene. 78 Allora udii: se quantunque s’acquista Giù per dottrina fosse così inteso, Non v’avria luogo ingegno di sofista. 81 Così spirò da quell’amore acceso; Indi soggiunse: assai bene è trascorsa D’esta moneta già la lega e il peso; 8 Ia dimmi se tu 1’ hai nella tua borsa. E io: sì, l’ho sì lucida e sì tonda,