Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/433

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canto

XXIV. 3’25

Ricominciò: la grazia che donnea Con la tua mente, la bocca L’aperse lnsino a qui, come aprir si dovea; l’20 Si eh’ io approvo ciò che fuori emerse: Ma or conviene esprimer quel che credi, E onde alla credenza tua s’ offerse. 123 O santo padre, o spirito, che vedi Ciò che credesti sì, che tu vincesti Ver lo sepolcro più giovani piedi, 12( Cominciai io, tu vuoi ch’io manifesti La forma qui del pronto creder mio, E anche la cagion di lui chiedesti. 129 E io rispondo: io credo in uno Iddio Solo ed eterno, che LuLLo il Ciel muove, Non moto, con amore e con desio; 132 E a tal creder non ho io pur prove Fisiche e metafisiche; ma dalmi Anche la verità che quinci piove 15i Per Moisè, per profeti, e per salmi, Per l’evangelio, e per voi, che scriveste, Poi che l’ardente Spirto vi fece almi. 138 E credo in tre persone eterne, e queste Credo una essenza sì una, e sì trina, Che soffera iongiunto sunt et esie. 141 Della profonda condizion divina, Ch’io tocco mo, la mente mi sigilla Più volte l’evangelica dottrina. 144 Questo è il principio: questa è la favilla Clic si dilata in fiamma poi vivace, E, come stella in Cielo, in me sintilla. 167 Come il signor clic ascolta quel che piace,