Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/463

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canto

XXVI.

Quindi, onde mosse tua Donna Wrgilio, Quattromila trecento e due volumi Di Sol desiderai questo concilio: 120 E vidi lui tornare a tutti i lumi Della sua strada novecento trenta Fiate, mentre ch’io in terra fumi. 123 La lingua, ch’ io parlai, fu tutta spenta Innanzi che all’opra inconsumabile Fosse la gente di Nembrotte attenta; 126 Chè nullo effetto mai razionabile, Per lo piacere uman che rinnovella Seguendo il Cielo, sempre fu durabile. 129 Opera naturale è ch’ uom favella: Ma, così o così, natura lascia Poi fare a voi, secondo che v’abbella. 132 Pria che io scendossi alla infernale ambascia, I si appellava in terra il sommo Bene, Onde vien la letizia che mi fascia. 135 Ili si chiamò poi; e ciò conviene; Che l’uso de’mortali è come fronda In ramo, che sen va, e altra viene. 138 Nel monte che si leva pitì dall’onda, Fui io, con vita pura e disonesta Dalla prima ora a quella ch’ è seconda, Come il Sol muta quadra, all’ora sesta. 142 COMMENTO Dl BENVENUTO Il canto si divide in quattro parti. Nella prima, l’apostolo san Giovanni esamina Dante sulla virtù della carità. Nella seconda, prosegue. Nella terza, mostrasi Adamo. Nella quarta, Adamo ragiotia sulla sua felicità ed infelicità.