Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/491

Da Wikisource.

canto

XXVI11. 481

E come stella in Cielo il ver si vide. 87 E poi che le parole sue restaro, Non altrimenti ferro disfavilla Che bolle, come i cerchi sfavillaro. 90 Lo incendio br seguiva ogni scintilla: Ed eran tante, che il numero loro Più che il doppiar degli scacchi s’ immilla. 93 lo sentiva osannar di coro in coro Al punto fisso, che li tieni all’ubi, E terrà sempre, nel qual sempre foro; 96 E queÌla che vedeva i pensier dubi Nella mia mente disse: i cerchi primi T’ hanno mostrato i Serafi e i Cherubi. 99 Così veloci seguono i suoi vimi, Per simigliarsi al punto quanto ponno, E posson quanto a veder son sublimi. 102 Quegli altri Amor, che intorno gli vonno, Si chiaman Troni del divino aspetto, Perchè il primo ternaro terminonno. 10 E dèi saper che tutti hanno diletto Quanto la sua veduta si profonda Nel Vero, in che si queta ogni intelletto. 108 Quinci si può veder come si fonda L’esser beato nell’atto che vede, Non in quel ch’ama che poscia seconda: 111 E del vedere è misura mercede, Che grazia partorisce e buona voglia: Così di grado in grado si procede. 114 L’ altro Lernaro, che così germoglia In questa primavera sempiterna, Che notturno Ariete non dispoglia, 117 RAMBALDI — Voi. 3. 31