100E quando inanzi a noi sì entrato fue,1
Che li occhi miei si fero a lui seguaci,
Come la mente alle parole sue,
103Parvermi i rami gravidi e vivaci2
D’un altro pomo, e non molto lontani,
Per esser più allora volto in laci.3
106Viddi gente sott’esso alzar le mani,
E gridar non so che verso le fronde,
Quasi bramosi fantolini e vani,
109Che pregano, e ’l pregato non risponde;
Ma per far esser ben la vollia acuta,
Tien alto il lor disio, e nol nasconde.
112Poi si partì sì come ricreduta;
E noi venimmo al grande arbore adesso,
Che tanti preghi e lagrime rifiuta.
115Trapassate oltra senza farvi presso:
Legno è più su che fu morso da Eva,
E questa pianta si levò da esso.
118Sì tra le frasche non so chi ’l diceva;4
Per che Virgilio, Stazio et io stretti5
Oltra andavam dal lato che si leva.
121Ricordivi, un dicea, de’ maladetti6
Ne’ nuvuli formati, che satolli
Teseo combattèr coi doppi petti;
124E de li Ebrei, ch’al ber si mostrar molli;
Per che non volle Gedeon compagni,7
Quando inver Madian discese i colli.
- ↑ v. 100. C. A. innanzi a noi intrato fue,
- ↑ v. 103. C. A. Parvemi rami
- ↑ v. 105. C. A. pure allora
- ↑ v. 118. C. A. chi diceva;
- ↑ v. 119. C. A. ristetti
- ↑ v. 121. C. A. Ricordivi, dicea,
- ↑ v. 125. C. A. non gli ebbe Gedeon