Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/815

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c a n t o   x x x i i i. 805

49Ma tosto fui li fatti le Naiade,1 2
     Che solveranno questo enigma forte
     Senza danno di pecore o di biade.
52Tu nota; e sì come da me son porte
     Queste parole, sì le insegna ai vivi3
     Di viver ch’è un correre a la morte;4
55Et aggi a mente quando tu le scrivi,5
     Di non tacer quale ài vista la pianta,6
     Ch’è or du’ volte dirobata quivi.7
58Qualunque rubba quella, o quella schianta,
     Con biastema di fatto offende Iddio,8
     Che solo all’uso suo la creò santa.
61Per morder quella, in pena et in disio
     Cinque milia anni e più l’anima prima
     Bramò colui che ’l morso in sè punio.
64Dorme lo ingegno tuo, se non la stima9 10
     Per singular cagion esser eccelsa
     Lei tanto, e sì traversa nella cima.11
67E se stati non fusser acqua d’Elsa
     Li pensier vani intorno a la tua mente,
     E ’l piacer loro un Piramo a la gelsa,
70Per tante circustanzie solamente
     La giustizia di Dio nell’interdetto
     Cognosceresti all’arbor moralmente.12

  1. v. 49. Fin; saranno, proveniente dalla terza singolare fi’, aggiuntovi al solito no. E.
  2. v. 49. C. A. fien li fati e le
  3. v. 53. C. A. Così queste parole insegna a’
  4. v. 54. C. M. C. A. Del viver
  5. v. 55. Aggi; dall’infinito aggere, e codesto da aiere cambiato l’i in due g. E.
  6. v. 56. C. A. Di non celar quale
  7. v. 57. C. M. derobbata
  8. v. 59. C. A. Con biastemmia di fatto offende a Dio,
  9. v. 64. C. M. se non le stima
  10. v. 64. C. A. se non istima
  11. v. 66. C. A. sì travolta nella
  12. v. 72. C. A. Conosceresti e l’albor