Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/97

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ste tre finzioni; cioè di Leda, di Calistone e di Fetonte. E per vedere questo debbiamo sapere che Leda fu filliuola di uno re di Grecia, lo quale per allevare virtuosa, come fu nata, la fe notricare in una torre che avea in mare, comandando le nutrici che mai nolli dicessero se non cose oneste. Cresciuta costei, la fama andò per la Grecia de la sua bellessa; unde Giove fatto inamorato di lei andò a questa torre con una nave che si chiamava Ciecino e portava per insegna lo detto uccello; e tanto seppe ben parlare ch’elli fu lassato intrare a lei, e rapittela quinde, e tanto la tenne che n’ebbe 2 parti, e due femine ad uno parto, e 2 maschi ad un altro parto; e poi la rendette al padre e maritolla a Tindaro. Ecco questa verità fatta umanamente; li poeti per mostrare Giove iddio, la coperseno con finzione dicendo che v’era volato in specie di cecino, perchè v’era ito co la nave Cecino e perchè col bel parlare avea ingannato le guardie e la fanciulla; e per dare colore a la finzione che fusse fatta sopra natura, disseno che stette co lei in specie di ciecino e che ella parturitte du’ uova e l’altre cose che seguitano. E simile si può dire di Calistone, lo quale ingannò in specie di Diana, e parturitte Arcade, e che Iuno mollie di Giove la convertisse in orsa. Fu la verità ch’ella la scacciò e lo filliuolo Arcade, sicché viveano nelle selve come li orsi; e che Arcade la volesse uccidere fu che arrecandosi a vergogna 1 quello che la madre avea fatto, tentò d’ucciderla; ma Giove, sentendolo, lo disperse ancora. E così fingeno li poeti per mostrare che Giove era iddio che lo mutasse in orsacchino, e ponesseli in cielo; lo picciolo al corno, e lo grande al carro. E così avendo guerra coi Titani, perchè ’l sole, che era di loro, si partitte da loro e fu con Giove, lo Giove lo costituitte governatore del suo regno. E li poeti finseno che li desse a reggere lo carro del sole; perchè Fetonte filliuolo del sole, contrastando con Epafo filliuolo di Giove, volse tenere l’officio e la dignità del padre, Giove lo fe uccidere. E però fingeno li poeti che Giove lo fulminasse volendo reggere lo carro del padre, o perchè vi commise qualche difetto. E così di tutte l’altre fizioni 1. che io; cioè Dante, stava, Stupido tutto al carro de la luce; cioè meravilliandomi, non sapendo la cagione, stava attento a ragguardare lo carro del sole, Ove tra noi; cioè tra me e Virgilio che eravamo nell’altro emisperio sotto, o vero poco di là dall’Equatore cerchio, verso l’antartico polo, et Aquilone; cioè lo nostro settentrione, entrava; cioè lo carro del sole: come a noi che siamo in questo emisperio sempre sta di verso il mezo di’, e noi rimagnamo sempre verso la tramontana; così a Dante et a Virgilio ch’erano nell’altro emisperio veniva lo

  1. 1,0 1,1 Col Magliab. si è supplito da - a vergogna - fino a - che io;