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156 ARISTOFANE


ROSSO
Lo volete sapere? State zitti,
e ve lo dico, il male del padrone.
Tribunalofilo è, come nel mondo
non c’è l’uguale. Ha la mania del giudice,
e se non siede al primo banco, piange!
E la notte non dorme un solo istante,
e se tanto s’appisola, la mente
sua, svolazza d’intorno alla clepsidra,
anche di notte; e poi, per l’abitudine
di tener sempre la pietruzza, balza
dal sonno con le tre dita serrate,
come chi sparge incensi sul braciere
al novilunio. Se mai trova scritto
sopra una porta: Popol bello, figlio
di Buttafuoco, s’avvicina, e accosto
scrive: Urna bella! — Il gallo, che cantava
a vespro, disse che lo risvegliava
tardi, perché gl’ imputati gli avevano
dato lo sbruffo. Dopo cena, strilla
sùbito pei calzari, e giunto li
assai prima dell’alba, se la dorme
appiccicato alla colonna, come
un’ostrica. E siccome bolla tutti,
scorbutico com’ è, col frego lungo,
quando rincasa, pare un calabrone
o un’ape: tanta cera ha sotto l’unghie.
Temendo poi che gli abbiano a mancare
pietruzze, ha messo in casa una petraia