Pagina:Compendio della dottrina cristiana, Roma, 1905.djvu/377

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collocate le tavole della legge, un vaso della manna del deserto e la verga fiorita di Aronne.

52. Molte volte gli ebrei nel deserto, mormorando contro Mosè e contro il Signore, si attirarono gravi castighi. Fra questi è da notarsi quello dei serpenti velenosi, dai quali morsicati, molti perirono; molti poi, pentiti, si salvarono rimirando un serpente di bronzo, che, innalzato da Mosè sopra un’asta, dava imagine di croce. La virtù di questo emblema era simbolo delle virtù che avrebbe avuto la santa Croce di guarire le piaghe del peccato.

Giosuè e l’entrata nella terra promessa.


53. Dopo averli trattenuti per 40 anni nel deserto, Iddio introdusse gli ebrei nella terra promessa.

Mosè la vide da lungi, ma non vi entrò: Giosuè gli succedette nel governo del popolo.

54. Preceduti dall’Arca, passarono il fiume Giordano le cui acque si erano fermate per lasciare libero il passo nel letto del fiume: presero la città di Gerico, soggiogarono nella terra di Canaan i popoli che l’abitavano, e la divisero in dodici parti, quante erano le loro tribù. Così Iddio per mezzo del suo popolo castigò i gravissimi delitti di quelle genti.

Queste tribù pigliarono il nome da Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Isacar, Zabulon, Dan, Neftali, Gad, Aser, Beniamino, figli di Giacobbe, e da Efraim e Manasse, figli di Giuseppe. La tribù di Levi però non ebbe territorio; Iddio la chiamò all’uffizio sacerdotale, e volle tenerle luogo Egli stesso di porzione e di eredità. Dalla tribù di Giuda, secondo aveva profetizzato Giacobbe morente, nacque poi il Redentore del mondo.

Giobbe.


55. In quei tempi viveva un principe nell’Idumea, ricchissimo e giusto, di nome Giobbe, il quale temeva Iddio e si guardava dal mal fare. Volendo il Signore farne un modello di pazienza nelle miserie più grandi della vita,