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60 confessioni d’un scettico

che la verità scientifica sia ben triste se tutte ci disfoglia le benedette speranze che inghirlandavano la nostra cuna d’ infanzia? A che dunque il dovere se non è l’effetto d’una volontà trascendente ma forma del mio cervello che lo partorisce nel tempo, destinata a dissolversi con lui? a che il sagrificio se le mie lacrime non son numerate da qualche Dio che le serbi nel suo grembo per cangiarmele in gaudio? a che la vita se non mi si rende eterna? a che la scienza quando mi snuda gli abissi dell’universo inconscio delle mie pene, e mi vi sospinge solo, naufrago, esterrefatto, come in un mar senza porti? Ahime! l’ ideale di cui mi parli è la visione fantastica del tuo cervello, ma non corrisponde alle cose. Prodigherò dunque il mio sangue migliore ad un sogno? Non potrò dunque ricollocare un nuovo Dio nell’universo vedovo di tanti Dei tramontati per sempre? Un ideale che non si trasmette nelle cose e non vi partecipa mi pare l’ironia di sè stesso.»