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Pagina:Considerazioni sulla importanza militare e commerciale della ferrovia direttissima Bologna-Firenze.djvu/52

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al Monte di Pietà, per cavarne fuori il capitale accennato; ma è pur vero che può tenere le veci di quello previsto per le nuove linee. Egualmente si può obiettare che il miglioramento del servizio merci a piccola velocità fa scemare quello a grande; ma basta dare un’occhiata al rapporto che passa fra il movimento a grande e quello a piccola velocità sulle linee germaniche ed austriache (in alcune delle quali il primo rappresenta la trentesima parte del secondo, V. quadro a pag. 43), per persuadersi che non è il caso di preoccuparci tanto di simili eventualità.

Frattanto, l’economia di due o tre mila carri (rappresentanti un capitale di 10 a 15 milioni di lire) che si otterrebbe, il vantaggio che si renderebbe al commercio colla maggior celerità dei trasporti, quelli che risentirebbe l’esercizio ferroviario coll’aumento del traffico e l’economia nelle spese d’esercizio non sono certamente elementi trascurabili, e devono seriamente indurci a trovare il modo di ovviare agli inconvenienti lamentati.

§ XXV. Trasporti a vuoto. — Un’altra importante osservazione si può aggiungere: dalla Relazione sull’Inchiesta ferroviaria (pag. 214) risulta che nel decennio 1870-79 il carico medio per ogni carro sulla rete delle Romane fu di tonnellate 2,36, mentre risultò di tonnellate 4,70 per le Meridionali e di tonnellate 6,50 per le ferrovie dell’Alta Italia.

Questa anomalia si può spiegare nel seguente modo:

Le Provincie meridionali tirrene pei loro rapporti commerciali furono sempre unite al continente europeo più dal mare che dalla terra. Il loro commercio, e specialmente quello d’importazione, si effettuò per secoli seguendo le vie marittime, le quali hanno forse ancora il sopravvento sulle ferrovie, avuto riguardo al fatto che il movimento d’importazione è monopolio di un ristretto numero di commercianti impiantati nelle principali città marittime.

Le ferrovie sinora costruite ebbero perciò il solo risultato di permettere agli industriali dell’alta Italia di esplorare le Provincie meridionali, per richiamare in quelle settentrionali i prodotti giovevoli al commercio ed alle industrie di quella regione. Tali prodotti, che o si vendono a vil prezzo o deperiscono nei luoghi di produzione, possono sostenere le gravi spese di trasporto per ferrovia ed essere inviati nell’Italia superiore. Lo stesso non avviene, e non può avvenire pei prodotti naturali ed industriali di questa regione, i quali non possono sostenere la concorrenza dei prodotti esteri che arrivano sulle spiaggie tirrene per una via più economica. Questi poi, trovando la clientela pronta a riceverli, impediscono finanche la concorrenza dei prodotti nazionali, da cui potrebbero utilmente essere surrogati; poichè non è tanto facile, in provincie così estese come le meridionali, ed ove la viabilità ferroviaria è limitata ancora, far penetrare una corrente di traffico diversa da quella esistente. Queste osservazioni sono confermate dai fatti, poichè risulta che sulle nostre ferrovie peninsulari il movimento delle merci dal Mezzogiorno verso il Settentrione d’Italia è più del doppio del movimento inverso1, e che perciò una parte dei veicoli deve fare il viaggio di ritorno a vuoto. Tale inconveniente, che produce i suoi effetti anche sulle linee Continentali per le quali si effettua questo

  1. Inchiesta ferroviaria, Parte II, Vol. II, 588.