Pagina:Copernico - Poemetto Astronomico.djvu/29

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(XXVIII.)


I Tebani correan con fiamme in mano.
Gli Astronomi più insigni e gloriosi
Meco si stanno, Tolomeo, Ticone,
Cassini, che volò per tutto il Cielo,
590Borrelli, che a poggiar con l’occhio in alto
Una specula fè de i sicul Monti,
E il Fontenelle, che indiscreto tanto
Le opportune a gli amori ore notturne
Vegliar facea la Dama sua nel Parco
595A conversar co i taciti Pianeti,
Lontani troppo Cavalieri erranti,
E quel Re Castiglian, che dar consiglio
A Dio volea nel regolare i Cieli,
E il Mauritano Atlante, ed il Manfrèdi,
600Che sul felsineo Reno alla veletta
Sedea sublime, e l’inclito Poleni,
Che dalla Brenta, e da gli Euganei Colli
Vide, e parlò alle stelle a faccia a faccia.
Or tu con l’occhio, e col pensier mi segui,
605E intendi ben, che questi Globi aurati
Spirti non sono, o Genj, o Dei volanti
Disponitori di fatali influssi,
Ma densi corpi, a’ quai suo lume il Sole,
Il Sol di vital foco eterno fonte


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