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Pagina:Corano.djvu/230

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capitolo xxxiv. 217


tosto Quei che non credono alla vita futura saranno nel supplizio, e smarriti senza fine.

9.  Non veggon essi ciò che loro sta innanzi, e dietro? il cielo, e la terra? Se noi volessimo, potremmo farli inghiottire dalla terra, o far cadere sui loro capi un pezzo di cielo. In ciò v’è un segno per ogn’uomo capace di convertirsi.

10.  Abbiamo accordato a Davidde un dono che veniva da noi (l’abilità di cantare). Dicemmo: O montagne! o augelli! immischiatevi nei suoi canti. Abbiamo reso soffice il ferro nelle di lui mani: Fanne delle gonne complete, ed osserva bene la proporzione delle maglie. Fatelo bene, poichè veggo le vostre azioni.

11.  Rendemmo soggetto il vento a Salomone. Soffiava un mese la mattina ed un mese la sera. Facemmo scorrere per lui una fontana di rame. I genj lavoravano sotto i suoi occhi col permesso del Signore, e chiunque si dipartiva da’ nostri ordini era dannato al supplizio del fuoco ardente.

12.  Eseguivano per lui tutti i lavori che voleva, palazzi, statue1, piatti larghi come vasche e caldaje solidamente sostenute. O famiglia di Davidde! ringraziaci. Ah! che vi sono pochi uomini riconoscenti fra i miei servi!

13.  E quando decretammo ch’ei morisse, fu un rettile della terra che per il primo lo fe noto a tutti: egli aveva roso il bastone (che sosteneva cadavere), è quando questo cadde, i genj riconobbero che, se avessero penetrato il mistero, non sarebbero restati così lungo tempo in questa pena d’avvilimento2.

14.  Gli abitanti di Saba avevano, nel paese ch’abitavano, un segno (d’avvertimento): due giardini a dritta, ed a sinistra3. Noi dicemmo loro: Mangiate il cibo che vi dà il vostro Signore; ringraziatelo; avete una contrada deliziosa, ed un Signore indulgente.

45.  Ma essi si distolsero (dalla verità). Mandammo contr’essi l’inondazione degli argini4, e cangiammo i loro due giardini con due altri che producevano frutti amari, tamarindi, ed alcuni frutti del piccolo loto.

16.  Così noi li compensammo della loro credulità. Così ricompensiamo gl’ingrati.

17.  Stabilimmo fra loro e le città ch’abbiam benedette, delle città floride; stabilimmo in mezzo a questo paese una strada, e dicemmo: Viaggiate in essa con sicurezza giorno e notte.

18.  Ma essi dissero: Signore, poni una più gran distanza fra le nostre strade. Agirono ingiustamente verso loro medesimi. Li rendemmo la favola delle

  1. Fra i lavori eseguiti dai genj, si cita il trono di Salomone, sostenuto da due leoni coricati, e con due aquile al disopra. Quando Salomone saliva sul trono, i leoni stendevano le loro zampe, e quando vi si siedeva, le aquile allargavano le ali per fargli ombra.
  2. Si sono già veduti nei cap. 2 e 27 alcuni dettagli su Salomone. Per i musulmani Salomone è il tipo d’un re savio e potente, e la sua magnificenza è divenuta un proverbio. I commentatori raccontano che Salomone, vedendosi in età molto avanzata, pregò Dio di nascondere la sua morte finchè le sue opere, e gli edifizj intrapresi da lui fossero terminati. Temeva che i genj abbandonassero i lavori subito dopo la sua morte. Dio gradì la domanda di Salomone, e quando venne il momento della sua morte era in ginocchio pregando appoggiato al suo bastone. I genj, credendolo sempre vivo, finirono i lavori.
  3. Bisogna intendere per giardini tutto un paese coperto di giardini.
  4. L’inondazione è una delle principali epoche nell’istoria araba; essa cagionò un’emigrazione di tribù, che da quell’epoca si fissarono tanto in altre parti dell’Arabia, che in Siria; sebbene sia difficile di precisare l’epoca di tal avvenimento, le ricerche di Sacy permettono di riportarla al 2° secolo dopo Gesù Cristo.