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colla mia aria di superiorità e coi miei discorsi sempre esaltati.
Le mie compagne mi burlavano e mi chiamavano ironicamente a «la generalessa », e dicevano che ero montata tanto in superbia, come se fossi stata io stessa sul campo di battaglia. Confesso che ne avevano tutte le ragioni.
Mi calmai quando rividi mio padre; era talmente accasciato, avvilito, che non era più riconoscibile; la sua ritirata forzata dal campo era divenuta la sua idea fissa e non se ne potea dar pace.
Le poche volte che mi trovavo con lui, cercavo di distrarlo, di raccontargli i piccoli avvenimenti del collegio, d’intrattenerlo con discorsi allegri: tutto era inutile, non potea pensare che a quel fatto, il quale era come una lima che gli rodeva l’esistenza.
Fu un amico di mio padre che mi recò la notizia della sua morte. Una sera, dopo