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116 sopra la città - il campo degli alpini


parevano circondare l’isola di Rodi, più vicine delle stesse coste asiatiche, tanto vicine quanto il mio desiderio poteva farle, con quelli occhi dell’immaginazione che sembra abbiano pur sempre le pupille degli occhi del corpo. Vedevo la fronte possente e l’ossatura della penisola, e nella voce di coloro che mi parlavano, sentivo la robustezza della nostra gente. Io guardavo quei giovanotti, mentre mi parlavano della strada incominciata, con tanto amore con quanto non parliamo noi dell’opera della nostra mente, e mi dicevano che il lavoro era la loro vita, che senza il lavoro non avrebbero potuto vivere, e che la sera, quando tornavano stanchi dal lavoro con i loro soldati, mangiavano un boccone e si coricavano. Io guardavo quei giovanotti serii, pur nella allegrezza della mensa, e mi domandavo quale bellezza morale stava dinanzi a me. Appartenevano alle nostre classi, a famiglie agiate; eppure, il loro animo era profondamente congiunto col lavoro della terra, come quello dell’ultimo loro soldato figliuolo di contadini. Quella uguaglianza nel lavoro della terra fu il tesoro da me scoperto quel giorno. E pensai che i cristiani, quando davano il nome di milizia alla loro esistenza dedicata all’esercizio delle virtù, onoravano la milizia come si meritava, ed erano scopritori di squisite forma-