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la strada nuova - un villaggio greco 115

degli agrumi e campicelli di grano e olivi, pini, querci, fichi, nespoli, peschi, noci, melagrani e fiori e specchi d’acqua.

Tornammo all’accampamento e ci mettemmo a tavola sotto la gran quercia. Il piazzale è basso e cinto da un anfiteatro di vecchi ruderi, e sopra c’è il ridosso della collina. Sul quale anche i soldati, fra le tende, mangiavano il buon rancio domenicale, anch’essi sotto le piante. Stavamo all’ombra, ma insieme col cibo ci nutrivamo di quell’aria aperta e quasi montanina, della luce meridiana, del sole, del vento che veniva dal mare, impregnato di foresta, e della giocondità ospitale. Questa è sempre la vita di questi ufficiali e di questi soldati, con più il lavoro, gli altri giorni, dalle quattro del mattino alle dieci, e poi nelle ore pomeridiane fino al tramonto. Non so se nella presente guerra, o in un’altra tornerò ad avere dimestichezza, una lunga dimestichezza col capitano Trivulzio, coi tenenti Carbonara e D’Havet, con i sottotenti Venturini e Jacob: comunque, nell’intimo del mio spirito mi sono indimenticabili amici, perchè ricongiunsero me, oblioso delle origini e scribacchiante per le città, mi ricongiunsero con la santità del lavoro e della terra. Io li guardavo, mentre mi raccontavano delle loro dimore e escursioni sulle Alpi che ora mi