Pagina:Corradini - Sopra le vie del nuovo impero, 1912.djvu/177

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patmos. stampalia 155

line basse, assai verdi, assai coltivate, con un paesucolo di poche case nel mezzo. Qualche mulino a vento, intorno qualche grazia. Gli abitanti vanno dai 400 ai 500, poveri, più che poveri, nudi, e molti di loro emigrano in America. L’isolotto, che appartiene a San Giovanni di Patmos, produce fichi, mandorli, citrioli, cocomeri, grano, orzo e foraggi per un po’ di bestiame. Per una stradicciuola arcuata salii dal porto al casolare pietrigno e tutto pieno di donne e di bambini, di galline e di pulcini. Un vecchio novantenne, vestito alla foggia delle isole, erculeo, diritto, scendeva con passo sicuro giù per le rocce, venerando e antico come il Nestore omerico. Un sacerdote salmodiava nella chiesetta, e da questa uscivano un profumo e un fumo d’incenso, che si diffondevano per l’atmosfera raggiante sul mare turchino.

Ma come a Kos non si conosce ruota, così nel più umile Lipso non si conosce letto, e la buona gente semplice e antichissima dorme per terra, che è più spesso roccia che terra, come gli animali domestici, e fra i suoi animali domestici. Lassù conobbi un giovane che era tornato d’America qualche giorno prima, dall’Argentina dove aveva lavorati i campi sotto proprietarii italiani. Egli mi parlò di loro, della loro ricchezza,