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le opere italiane a rodi 167

abbondantissima e ottima, ma in città viene inquinata, per via appunto del condotto che i turchi lasciaron guasto da molti anni: ora il nostro governo ha stanziato una somma per ripararlo. Così i turchi lasciarono la città al buio, e noi già pensiamo all’illuminazione. Già fu qui il direttore d’un’officina veronese d’illuminazione ad acetilene, e fece i suoi studii. C’era a Rodi sotto il dominio turco un piccolo ospedale ridotto a canile, e noi l’abbiamo ripulito e rifornito.

Ogni isola ha, come ho detto, un presidio di soldati e di carabinieri, ogni isola ha il suo ufficio postale. L’isola di Rodi ha tredici stazioni di carabinieri ed ha, novità sommamente benefica, un servizio di posta fatto da undici corrieri indigeni, della gendarmeria indigena. Prima il servizio postale era soltanto costiero, ma siccome la navigazione anche costiera era rara, gli scambi epistolari da un punto a un altro erano quasi nulli, e nulli addirittura erano quelli dalle coste all’interno. I villaggetti dell’interno che stanno appollaiati sulle montagne e tra le selve di pini, ignoravano, come raccontai altra volta, lo sbarco degli italiani a Kalitea, quando già gli italiani avevano catturati i turchi a Psithos. E allorchè, portate da qualche pastore errante, le prime notizie vaghe della presenza d’un nuovo conquista- {{PieDiPagina|CORRADINI, Nuovo impero