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il generale giovanni ameglio 183

scendevano, e tutti, prima di scendere, erano già affidati dalla mia presenza in terra. — Il generale Ameglio ha questo suo modo di vedere intorno all’italiano e all’arabo e al come il primo si deve far combattere contro il secondo. — L’arabo dà la vita non curandola, spesso ignorando anche il pericolo. Non è valoroso, è delirante. L’italiano conosce il pericolo ed ama la vita; la dà per maggiore, per vero valore. Regola, troncare gli indugi: non continuare a farlo schioppettare, ma portarlo subito sotto all’arabo a testa bassa, e allora un mangiatore di cipolle si troverà di fronte a un mangiatore di carne tanto più forte e soccomberà. — È esatto e geniale.

Le operazioni di Giovanni Ameglio, in Libia e nell’Egeo, hanno tutte quante un’impronta, l’impronta che gli italiani chiamano appunto garibaldina, almeno per la rapidità: sono ardite, rapide, esatte, concludono al fatto compiuto. Le Due Palme furono concepite, ordinate, eseguite in due ore. Aiutato da un capo di stato maggiore di cui non so precisare nessuna virtù, ma in cui c’è la stoffa, son certo, d’un generale eccellente, dal maggiore Mombelli, il generale Ameglio seppe fare di Psithos un piccolo poema militare perfetto, piccolo capolavoro perfetto, che s’inizia e si compie nel giro di cinquantadue ore.