Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/140

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l’ora cheta 141


E nuovamente senza voce mi fu detto: «Che t’importa del loro scherno?! Tu hai disimparato ad obbedire; ora devi comandare!

Non sai tu chi è più necessario d’ogni altro? Colui che comanda grandi cose.

Operare cose egregie è difficile: ma più difficile ancora il comandarne.

Questo è in te sopra tutto degno di biasimo: tu hai il potere e non vuoi governare».

E io risposi: «A me fa difetto la voce del leone».

E di nuovo udii come un bisbiglio: «Le parole più tranquille sono le foriere della tempesta. Le idee che giungono su ali di colomba governano il mondo.

Oh, Zarathustra, tu devi camminare come l’ombra di ciò che deve giungere: in tal modo tu comanderai e procederai comandando».

E io risposi: «Io mi vergogno».

Allora un’altra volta senza voce sentii dirmi: «Tu devi ridiventar bambino e perdere il senso del pudore.

L’orgoglio della gioventù ancora ti circonda: tarda ti venne la giovinezza: ma chi vuol ridiventare bambino deve saper superare anche la sua giovinezza».

E io meditai a lungo, e tremai. Finalmente ripetei ciò che avevo detto prima: «Io non voglio».

Allora udii scrosci di risa intorno a me. Ahimè, come quelle risa mi dilaniarono le viscere e mi squarciarono il cuore!

E per l’ultima volta senza voce mi fu detto: «Oh, Zarathustra, le tue frutta sono mature, ma tu non sei maturo per le tue frutta!

E per ciò tu devi ritornare alla tua solitudine: giacchè tu devi ancor diventare maturo».

E di nuovo intesi scrosci di risa intorno a me che poi si dileguarono; e al fine intorno a me tutto fu silenzio; per così dire, un silenzio duplice. Ma io giaceva disteso al suolo, e il sudore mi bagnava tutte le membra.

Ora voi sapete tutto, e anche conoscete perchè io debba far ritorno alla mia solitudine. Nulla vi nascosi, o miei amici.