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dello spirito della gravità 183


Ma i falsi savi, i preti tutti, gli stanchi della vita, e coloro che hanno anime di femine o di servi, quanto male hanno sempre recato all’egoismo!

E proprio dovrebb’essere e dirsi virtù quella soltanto che reca danno all’egoismo? E «altruisti» desiderano essere, e a buona ragione, quei codardi stanchi della vita e quei ragni crocesignati?

Ma per tutti costoro sta per giungere il giorno del cangiamento, la spada del giudizio, il grande meriggio: allora molte cose diverranno manifeste!

E chi proclama perfettamente santo l’Io e beato l’egoismo — un profeta invero — così insegna: «Ecco viene, ecco è prossimo il grande meriggio

Così parlò Zarathustra.




Dello spirito della gravità.

1.

«Il mio linguaggio è quello del popolo: è troppo rozzo e aperto per i damerini vestiti di seta. E più strana suona ancora la mia parola per tutti gli imbratta-carte e i guasta-penne.

La mia mano è come quella d’un pazzo; guai alle tavole ed alle pareti e a tutto ciò che offre uno spazio libero ai ghirigori del pazzo, agli scarabocchi del pazzo!

Il mio piede — è un piede equino; con esso io salto oltre ogni ostacolo, e provo un diabolico piacere di correr presto.

Il mio stomaco — sarebbe forse quello di un’aquila? Giacchè sopra ogni cosa esso predilige la carne d’agnello. Certo è uno stomaco d’uccello.

Nutrita di cose innocenti, e contenta al poco, pronta e impaziente di volare, di volar via — ecco quale è la mia natura. Come non avrebbe essa alcun che della natura degli uccelli?

E sopra tutto m’è in odio, come agli uccelli, lo spirito della gravità; e proprio ne son nemico mortale, acerrimo, nemico nato! Oh fin dove non è già volata e non s’è già smarrita la mia inimicizia?