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290 così parlò zarathustra - parte quarta

scosta che anela di manifestarsi; qui molta nebbia incombe e molta aria pesante.

Tu ci nutristi di gagliardo cibo virile e di concettose sentenze: non permettere che alle frutta ci assalgano un’altra volta i molli spiriti feminili!

Tu solo sai rendere vivida e chiara l’aria intorno a te! Dove ho trovato sulla terra un’aria così buona come questa che si respira qui nella tua caverna?

Molti paesi ho visitato, e il mio naso apprese a fiutare e ad apprezzare molte qualità d’aria: ma non mai come vicino a te le mie narici hanno sentita una così viva gioja!

Se non forse... Se non forse... (Oh perdonami una vecchia ricordanza! Perdonami un vecchio canto pel levar delle mense, che un dì composi in mezzo alle figlie del deserto. Spirava anche là una buona e chiara aria orientale; ed era lontana — assai lontana — la nebulosa umida melanconica Europa! Io amavo le belle figlie dell’Oriente, e le altre imagini celesti ad esse somiglianti, su le quali non gravavano nè nubi nè tristi pensieri. Voi non prestereste fede al mio discorso s’io vi dicessi con quanta grazia esse stavan sedute, quando posavano dalle danze, profonde, ma senza pensieri, simili a piccoli segreti, a misteriosi enigmi ornati di nastri, a noci di cui si allieti, presso al termine, il convito; variopinte bensì e bizzarre, ma serene; arcane, ma pronte a svelarsi.... Ora in onor di queste fanciulle io composi un canto pel levar delle mense)». .

Così parlò il viandante che soleva chiamarsi l’ombra di Zarathustra; e prima che alcuno gli rispondesse ei die’ di piglio all’arpa del vecchio mago, incrociò le gambe e volse lo sguardo calmo e saggio intorno a sè: — ma le sue narici aspiravano lentamente e dilettosamente l’aria, come chi in un paese nuovo aspira, curioso e cupido, un’aria nuova.

Poi si mise a cantare con una specie di ruggito:

«Il deserto cresce; guai a chi in sè cela deserti.

«Ah! Solenne! degno esordio! africanamente solenne! Degno d’un leone o d’uno scimiotto morale; ma non adatto a voi, o mie graziosissime amiche; ai cui piedi, a me, europeo, è concesso sedere, all’ombra delle palme. Sela.