Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/52

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dell’amico. 53


Hai tu mai osservato l’amico quando dorme — per sapere quale egli è in quell’atto? Che cosa è di solito la faccia del tuo amico? La tua propria faccia che si riflette in un rozzo specchio imperfetto.

Hai tu mai veduto dormire il tuo amico? Non provasti sgomento nel vederlo? o amico mio, l’uomo è cosa che dev’essere superata.

Nell’indovinare e nel tacere l’amico dev’essere maestro: tu non devi desiderare di veder tutto.

Il tuo sogno deve rivelarti ciò che il tuo amico fa quando è desto.

Una divinazione sia la tua simpatia: affinchè tu possa anzitutto sapere se il tuo amico chieda simpatia. Forse in te egli ama sovra ogni altra cosa il volto fiero e lo sguardo dell’eternità.

La tua simpatia per l’amico si celi sotto una ruvida scorza, intorno alla quale tu devi logorare i tuoi denti. Così la tua simpatia acquisterà delicatezza e dolcezza.

Sei tu l’aria fresca, la solitudine, il pane e la medicina per il tuo amico? Taluno è incapace di spezzare le proprie catene, eppure giunge a redimere l’amico.

Sei tu uno schiavo? In tal caso non puoi essere amico. Sei tu un tiranno? Allora non puoi avere amici.

Troppo tempo nella donna si celarono lo schiavo e il tiranno. Per ciò la donna è ancor incapace dell’amicizia: essa non conosce che l’amore.

Nell’amore della donna si rivela la cieca ingiustizia contro tutto ciò che essa non ama.

Ed anche nell’amore cosciente della donna stanno sempre insieme con luce la folgore e le tenebre.

Ancora la donna non è capace d’amicizia: gatte sono ancor sempre le donne, ed uccelli. O, nella miglior ipotesi, giovenche.

Ancora la donna è incapace d’amicizia. Ma ditemi voi, o uomini, chi di voi è capace d’amicizia?

Oh quanta povertà in voi, o uomini, quanta avarizia! Ciò che voi date all’amico io appena lo darei al mio nemico, e non diverrei già molto povero per ciò.

Esiste la famigliarità di compagni; deh, potesse esistere anche l’amicizia!».

Così parlò Zarathustra.