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82 | così parlò zarathustra — parte seconda |
Il volere redime: ecco la vera dottrina della volontà e della libertà. — Ciò v’insegna Zarathustra.
Non voler più, non valutar più e non crear più! Ah, che questa immensa stanchezza mi sia sempre lontana!
Anche nel conoscere io non altro sento che la gioja del mio volere che produce e si svolge; nella mia conoscenza è l’innocenza perchè in lei è la volontà di generare.
Lontano da Dio e dagli dèi mi trasse questa volontà; che cosa ci resterebbe da creare se ci fossero gli dèi?
Ma verso l’uomo senza posa mi spinge la mia ardente volontà di creare; così il martello si sente spinto verso il sasso.
Ahimè, o uomini, nel sasso per me dorme un’imagine, l’imagine delle mie imagini!
Ahimè, perchè devo proprio dormire sul più duro, sul più brutto dei sassi?
E ora il mio martello picchia furente contro l’aspra materia in cui quell’imagine è chiusa. Dal sasso saltan via le scheggie: che importa ciò a me?
Io voglio condurre la cosa a compimento: giacchè venne a me un’ombra — la più tacita e leggiera delle cose!
La bellezza del superuomo venne a me quale un’ombra. O miei fratelli! Che m’importa degli dèi?».
Così parlò Zarathustra.
Dei compassionevoli.
«Miei amici, sapete come fu schernito il vostro amico?: «Guardate un po’ Zarathustra!» — dissero — «Non passa egli tra noi, come se fosse in mezzo a bruti?».
Ma è meglio dire così: «il sapiente passa tra gli uomini, perchè son bruti».
Ma l’uomo stesso è per il saggio l’animale dalle guancie rosse. Perchè? Forse perchè dovette assai spesso arrossir di vergogna?