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SONETTO II.


F
ra due contrarj il mio cor mesto giace,

Or da l'uno or da l'altro risospinto.
E dal peggior al fin pur resta vinto,
Ond'io non ho giammai tregua, né pace.

Domina il senso alla ragion verace,
E tiemmi il fiero strattamente avvinto,
Che non val calcitrar. Oh come finto
È questo mondo e perfido e fallace!

Veggio, miser, piu tosto, che 'n diamante
Potrò scolpire, ed indurire al fuoco
La cera, ed agghiacciar la neve al Sole,

Che impetrar mai che un dì le luci sante
Volga verso di me pietose un poco;
Né valmi lagrimar, né val parole:
                          E 'l mio destin pur vuole

Che Voi sol ami, e giunga amando a morte.
Ah donna ingrata! ah, cieca e dura sorte!