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capitolo settimo 91

viaggio. L’amicizia di dona Juana della Torre era divenuta necessaria alla Regina: Isabella la ricolmò de’ suoi favori, e li profuse a’ suoi figli1.

L’elevazione di spirito, e la pietà di dona Juana, le avevano meritate le affettuose simpatie e la fiducia di Cristoforo Colombo: e si fu a lei che fece sapere primieramente lo strano rivolgimento avvenuto nella sua fortuna.


§ III.


Questa lettera, che vorremmo riprodurre nella sua interezza, esprime mirabilmente il carattere provvidenziale, e la missione sovrumana di Colombo.

Ciò che, a prima giunta, sorprende nel suo contesto è la impronta della spontaneità, il nessuno studio, e l’oblio di ogni ordine di esposizione: evvi chiaro che lasciò correre la penna come il cuore dettava. Nella precipitazione della sua espansione, nessun’asprezza scema la gagliardia delle sue lamentanze, e spesso qua e là, irrompe, senza sua saputa, il sublime. Aveva soggiaciuto ad oltraggi, per servigi a’ quali non era premio che fosse per bastare. Nella foga del suo stile rilevasi il trascinamento d’un cristiano ispirato, e il parlar franco d’un uomo di mare.

La disgrazia non commove Colombo al modo ordinario: ei non considera quest’avversità come un fatto puramente individuale, conseguenza di una nimicizia di persone o di fazioni: in ciò che prova, riconosce la guerra mossa dal mondo allo Spirito della fede. «Nuovo è in me, dice, lamentarmi del mondo, ma l’abitudine che il mondo ha di maltrattare è molto antica: esso mi ha mossi mille attacchi, ed io ho resistito a tutti sino

  1. Per ordinanza, datata da Granata il 31 agosto 1499 la Regina avevagli costituito una rendita annua di 60000 maravedis. Dopo la sua morte, diede in dote alla figlia di lui un milione e mezzo di maravedis, l’11 luglio 1503, trovandosi ad Alcala di Henarez.