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capitolo terzo 107


Noi dobbiamo dunque entrar qui in alcuni particolari assolutamente necessari per chiarire la missione del perfetto cristiano;, del quale ci accingiamo a narrare gli atti. L’arrivo di Colombo in Ispagna, gl’influssi ch’esercitò sui destini di questa nazione non ebbero nulla di fortuito, e non furono che il corollario di principii già posti, e la ricompensa di un’opera degna di essere apprezzata doppiamente sotto l’aspetto della storia e della fede cattolica.

Dopo il Regno del re di Castiglia Enrico III, soprannominato il malato, lo scettro scadde al suo erede in fasce che fu coranato sotto nome di Giovanni II.

Fiacco di spirito, come suo padre era stato fiacco di corpo, costui visse sbadato del trono, abbandonandosi a feste, a tornei, alla musica, a banchetti, alla caccia, e lasciando regnare in suo nome il ministro de’ suoi piaceri, Don Alvaro de Luna. Questo favorito rivaleggiava di lusso col suo Signore, teneva famiglia magnifica, aveva i suoi gentiluomini, i suoi ufficiali, i suoi cortigiani, i suoi poeti, e perfino i suoi annali da sovrano. La cronaca di Don Alvaro, giunta sino a noi, è annoverata fra le autorità storiche. Il dispotismo di Don Alvaro di Luna aveva scemata l’autorità reale, fomentali odi innumerevoli, mentre l’impunità delle sue creature tendeva a corrompere la giustizia, a moltiplicare le vendette, i delitti, ed a fortificare l’autorità già troppo grande di certi vassalli. Questo regno fu tutto a detrimento delle forze e della fede della Castiglia. Finalmente Giovanni II, al suo letto di morte, confessò la sua indegnità, e si dolse, ma troppo tardi, di non essere nato in qualche oscura capanna, anzi che sul trono.

Questo infelice monarca si er’ammogliato due volte: nella sua prima unione aveva avuto un figlio, don Enrico; e dal secondo suo matrimonio con una principessa di Portogallo, Isabella, e don Alonzo.

In ascendere il trono, don Enrico fu soprannominato l’impotente: ripetè gli erramenti e i vizi del padre; al par di lui, si pose sotto il giogo di un favorito, Juan Pacheco marchese di Villena, antico paggio di don Alvaro de Luna, di cui risuscitò il favore, L’impoverimento delle finanze già sommo sotto