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capitolo ottavo 257

rapina, aveva rubato quattro uomini e due giovanette: l’ammiraglio lo costrinse a rilasciare la iniqua preda; assicurò gl’Indiani, fece loro dei doni affine di cancellar la memoria di quell’ingiuria, e li rimise a terra, perche tornassero alle loro famiglie. Sordidamente occupato di accapparar oro, Martin Alonzo Pinzon, dimenticando le cure che ogni capitano di nave deve avere pel suo naviglio, non aveva veduto, che, favoreggiato dall’immobilità, durante la sua fermata di sedici giorni sul fiume di Grazia, il tarlo si era moltiplicato in diverse parti della Pinta, e le aveva forate come alveole di alveare: non aveva neppure pensato a provvedersi di un albero da surrogare il suo, fuor di stato di tener fermo, il che lo impediva di spiegare tutta la sua vela al vento favorevole.

Non ostante il suo desiderio di costeggiare la Spagnuola, la condotta dei Pinzon mostrava all’ammiraglio il bisogno di tornare il più presto possibile in Castiglia. D’altronde, il cattivo stato delle caravelle esigeva imperiosamente il ritorno. ll 7 gennaio si era dovuto turare una via d’acqua nella cala della Nina.

La dimane, presso al Rio d’Oro, o Fiume dell’oro, così nominato perchè le sue acque ne menavano alcune particelle, egli vide ad una certa distanza tre delfini, che si mostrarono molto al di sopra della superficie delle onde e gli ricordarono quelli che aveva altre volte veduto sulla costa di Guinea, e da lungi avevano qualche apparenza d’uomo: erano le sirene degli antichi: perciò ei le chiamava con questo nome, aggiungendo che andavano discoste dalla bellezza loro attribuita.

Il 9, l’ammiraglio navigò verso l’est-nord-est, e riconobbe il capo Roia. L’aspetto della costa innamorava: enormi tartarughe posavano sulla riva: ma egli non poteva abbandonarsi al suo desiderio di osservare: desiderava di essere già in Castiglia per non aver più alcuna relazione con Martin Alonzo, e’ per informare la Regina di tutti particolari della scoperta. Adempiuta tal sua missione, era deciso, scriveva, «di non soffrire i misfatti d’uomini senza delicatezza e senza virtù, i quali pretendavano insolentemente di far prevalere le loro volontà contro colui che fece loro sì grande onore

Roselly, Crist. Colombo. 17