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capitolo undecimo | 299 |
non meno ignorato che autentico, non menol autentico che edificante, e non meno edificante che dimostrativo dell’autorità veramente soprannaturale accordata da Gesù Cristo alla sua Chiesa.
§ V.
Il 25 precedente luglio, mentre in mezzo ai terrori di Palos, Cristoforo Colombo si apparecchiava a valicar l’Atlantico, il suo illustre compatriotta, papa Innocenzo VIII, visitato dalla morte, andava a render conto a Dio del modo con cui aveva governata la sua Chiesa.
Egli ebbe a successore Alessandro VI, uno sicuramente dei Papi meno degni che mentovi la storia, ma di cui, bisogna dirlo, la calunnia e lo spirito di parte hanno violentemente esagerato i torti, sopra tutto confondendo la vita privata dell’antico soldato colla esistenza regolare che menò dopo assunto al Papato. Tuttavia, qual esso era, colle sue doti e co’ suoi difetti, allora comuni alla maggior parte de’ gran signori di quell’età, in ciò che operò qual erede del primato di Pietro, non commise errore, e nessuno de’ suoi atti è difettivo. Come notò già De Maistre, il suo Bollario è irriprovevole.
Secondo il consiglio di Cristoforo Colombo, i Re cattolici avevano supplicato il Sommo Pontefice di decretare in favor loro con una Bolla la donazione delle terre che avevano scoperte all’Occidente, e quelle che speravano ancora di scoprire.
Quai che potessero essere le disposizioni personali di Alessandro VI verso la Corte di Spagna, la dimanda non poteva concedersi immediatamente: sendo affare che richiedeva la maggior prudenza. Già il Portogallo aveva ottenuto un privilegio per le sue scoperte all’Oriente. Bisognava evitare che un favere simile conceduto alla Spagna non suscitasse conflitti sotto i regni attuali o ne’ secoli seguenti; e che l’opera dell’apostolato non destasse rivalità sanguinose fra due nazioni cristiane. Era d’uopo assegnare un limite fra le due corone cattoliche.
Qui nasceva la difficoltà.