Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/121

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Qual uomo è mai questo Archita! Qual ampia versatilitá della sua mente! Gli stessi suoi giuochi sono ammirabili; e quella macchinetta, che egli ha inventata per trastullo de’ suoi piccoli figli, è tale che forma l’ammirazione degli uomini pili vecchi. Egli costruí, tempo fa, una colomba di legno, la quale eseguiva tutti i moti di una colomba vera e viva (D. Quest’altra macchinetta di cui ti parlo, che per forza d’ingegnosa architettura esegue molte sinfonie, ha fatto nascer qui in Taranto un proverbio, per cui chiamami «crepitacoli di Archita * tutti quegli uomini i quali parlan molto senza saper ciò che dicano. Quanti crepitacoli abbiamo nella nostra Atene! Due cose, a creder mio, dimostrano piú che le altre la sapienza antichissima di questo popolo. La prima è quella di vederla da lungo tempo rivolta alle cose che servono alla vita; la seconda di vederla tanto comune tra le donne. Le scienze umane incominciano sempre dalla divinitá e sogliono, perciò, esser per le cose della vita inutili, per il maggior numero degli uomini astruse: i savi disputano e l’agricoltore non impara nulla. Vi è una distanza immensa tra Dio e natura, aratro e legumi. A misura che questa distanza si riempie collo studio delle cause seconde, la scienza si avvicina alle arti ed alla vita, e diventa piú utile, piú facile e piú comune. Le donne pitagoriche rinomate per libri che hanno scritto sono moltissime. Tra le piú illustri si contano Esara e Bindace, ambedue lucane. La seconda fu sorella di Ocello e di Ocilo. La prima ha scritto un trattato sulla natura dell’uomo O), ove tu trovi tanta forza di ragione, che quasi sei costretto a dubitar del sesso dell’autore. Mia, Teano, Melissa si sono occupate di oggetti domestici, ed hanno scritto sull’educazione de’ figli, sui doveri della moglie e della madre di famiglia. (1) Aulo Gellio, X, 12; Paschio, De novis inventis, ecc., p. 640 ecc. Della colomba di Archita hanno scritto moltissimi, ma nessuno ha saputo dirci quale mai fosse. Lo stesso è del suo crepitacolo, di cui ha parlato Aristotele, Politica, VIII, 6; Lampe, De cymbalis vetcrum, ecc. ecc.; Erasmo, Adagia, Architae cref’itaculum. (2) Fabricius, Bibliolheca Graeca, I.