Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/132

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che l’animo nostro non può esser afflitto da pene corporali; die quelle pene, che i poeti tíngono nel tartaro, sono indegne della onnipotenza di colui che genera col solo suo cenno la gioia e le pene, ovunque gli piace; che gl’iddii... E che non avrebbe dovuto dir questo riformatore, e di quanto tempo non avrebbe avuto bisogno per persuaderne il popolo? Egli intanto avrebbe compita la sua giornata, e delle opere sue nessuna si avrebbe potuto dir perfetta, finché vi fosse rimasta ancora qualche cosa da fare. Il filosofo può impunemente procedere con metodo ed incominciar dai principi; il tempo è in suo potere; gli uomini si restano ove egli li lascia. Se un riformatore non insegna ben presto ciò che si deve fare, gli uomini, i quali forse non pensano ma però agiscon sempre, continueranno ad agire, e, non potendo agire secondo i di lui principi, agiranno contro i medesimi e li distruggeranno. Non vi è riformatore meno filosofo di quello il quale voglia esser troppo filosofo. Il suo dovere è quello di accelerar sempre le conseguenze, dalle quali dipendono le azioni: il popolo risalirá, col tempo, ai principi. Pittagora si è presentato al popolo e gli ha detto: — To vi giuro che Omero ed Esiodo sono nel tartaro in pena di ciò che hanno mentito sugl’iddii immortali. — Il popolo giá credeva all’esistenza degl’iddii; giá credeva all’esistenza di un tartaro: che gli diceva, dunque, di nuovo Pittagora? Che tra tante migliaia di uomini, che il popolo giá credeva esservi, vi fossero anche Omero ed Esiodo. Qual cosa potete voi immaginar piú semplice, piú verosimile? Il popolo beveva questo fatto come acqua, ed a capo di tempo incominciava a dubitar degl’iddii di Omero, interrogava gli altri, e si formava nuovi iddii e nuovo tartaro. La piú acuta dialettica non poteva ritrovar via piú facile e piú piana per insegnare una veritá tanto granile e tanto lontana dalle idee comuni; e voi avrete potuto osservar mille volte nelle disputazioni di un filosofo o di un oratore lo stesso artificio d’incominciare a persuadervi da quelle idee che a voi parevano piú vere; presentarvi quanto minor numero di novitá fosse possibile; indi far sorgere qualche contraddizione tra le vostre idee medesime, e, mentre pareva sulle prime che egli le volesse confermare,