Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/225

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granello di oro, che tu metti da una parte, vinci in peso amicizia, patria, piacere, tutto quanto puoi metter dall’altra. Ivi la marciosa voluttá, che studia l’arte di non gustar piú piaceri a forza di abusarne. Ivi, vuoi piú? ivi la stessa bile, la piú alta tra le passioni di uno schiavo, la piú bassa tra quelle di un uomo libero, divora l’eterno fegato di colui che occupa col sozzo suo corpo nove iugeri di terra nell’ampio fondo del tartaro. Ed alle porte del carcere tenebroso siede, loro regina, la menzogna; quella menzogna, per la quale gli uomini corroinpon gli altri e loro stessi, e per la quale, seguendo un falso bene, commettono i delitti, e, temendo un falso male, ne soffron pena. Ma gli affetti generosi, i quali sono ministri della ragione, hanno per loro guida la veritá, per loro fine il bene: se amano, amano il bello; se odiano, odiano il vizio; se biasmano, biasman solo ciò che non è virtú; se lodano, lodano solo gl’iddii o coloro che rassomigliano agl’iddii; se insegnano a vivere ed a morire, lo insegnano per la patria. «Che importa che la tua musa plebea sia la bile o la voluttá o l’avarizia? La mente, mossa da qualunque di questi affetti servili, rassomiglia un augello palustre, il quale non vede altro che i giunchi, il fango, gl’insetti del picciolo suo lago. Le sole passioni generose innalzan l’anima come aquila alle regioni piú vicine alla divinitá; e la parola acquista allora, non l’arroganza di uno schiavo indisciplinato, ma la magnificenza di un sovrano, e diventa immensa come l’orizzonte eh’è sotto gli occhi, infinita come il numero degli oggetti che comprende lo sguardo di colui, il quale dalla cima dell’Etna vede nel tempo istesso il dorso selvoso della Sila, la vetta fumante d’Inarime, le isole che rompono il corso del Ionio e le basse arene che si stendono lungamente tra il mare e le sassose spalle di Atlante... a>