Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/232

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e dissero ai deputati che si raccomandassero a Castore e Poiluce. Si fanno de’ sacrifici a questi numi, e si ottengono favorevoli augúri. I crotoniati dall’altra parte consultarono l’oracolo di Delfo. La risposta fu doversi prima vincere i nemici coi voti, e poscia coll’armi. Votarono dunque la decima delle spoglie, die avrebbero prese al nemico. Ma i sacerdoti aveano aperto in nome del loro dio un concorso: i locresi offrirono la nona parte. Si dá la battaglia. Si raccontano di quella giornata infiniti prodigi: un’aquila, che durante tutto il tempo dell’azione si vide volare sul campo de’ locresi; due cavalieri di corporatura gigantesca, che combatterono per essi; la nuova della vittoria giunta nello stesso giorno in Corinto, Sparta ed Atene. Chi potrebbe ridirti tutto ciò che si è narrato? Fatto fu che quindicimila locresi, risoluti di vincere o di morire, vinsero centomila crotoniati, ammolliti dalle ricchezze, insolenti per la fortuna passata, e per insolenza trascuranti di ogni disciplina. Ecco gli oracoli ed ecco i prodigi veri. — E che fece Pittagora, giunto in Crotone? — Per qualche giorno la di lui fama circolò di bocca in bocca. Qualcheduno volle vederlo, e la sua presenza ed i ragionamenti suoi accrebbero il rispetto che giá si avea pel suo nome. Finalmente un giorno tutto il popolo, fanciulli, giovani, vecchi, uomini, donne, tutti si radunano nel ginnasio. Pittagora appare, ed una voce si eleva e dice: — Uomo divino! tu al certo non sei venuto tra noi senza ispirazione di qualche dio propizio a questa cittá. Vedi tu qual è il nostro stato? Tutto l’esercito distrutto, estinta la migliore parte della nostra gioventú, i nemici alle porte, niuno scampo oltre la morte; non piú leggi, non piú ordini, non piú annona. Se tu non pensi a salvarci, noi siam perduti. — E tutti ripetevano: — — Noi siam perduti! Salvaci, salvaci: noi siam perduti! Pittagora, fatto segno di silenzio, ascese sulla tribuna, e, dopo aver girato lo sguardo sulla moltitudine che lo circondava, e che si calmò in un momento, come l’onda del Ionio si calma al primo raggio sereno che indori le cime del Lacinio, incominciò: