Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/50

Da Wikisource.
44 PLATONE IN ITALIA

giornaliera dei loro discorsi. Se un povero uomo va a parlar loro della raccolta dell'anno, della sterilitá della terra, dell’intemperie delle stagioni, dell’epidemia che distrugge i cavalli di Saturo: — Eh! va’ via — gli dicono — con queste inutili ciance. Chi non le sa? Hai qualche nuova da darci dell’ultimo fatto di armi che vi è stato in Sicilia, a Selinunte, tra i cartaginesi ed i siracusani? —

Tu crederesti che essi giá sappiano tutto ciò che è utile sapere delle cose della loro patria. No: essi le ignorano e, quel che è peggio, le disprezzano. Cosí si rendono inutili entro la cittá e dispregevoli al di fuori.

Tu crederesti che essi abbiano almeno di Cartagine, di Siracusa. di Atene, di Sparta quella cognizione, che quasi ci fa divenir cittadini di tali repubbliche e ci fa risentir vivo interesse alla loro sorte. Nemmeno. Coloro, che tu vedi piú schiamazzatori e piú caparbi, son quelli appunto i quali ti diranno che il gran re abiti un’isola, che daH’Affrica in Sicilia si possa passar per terra. L’istessa ciarliera Atene cede a Taranto per il numero di quegli uomini, ai quali diceva Socrate che tutto sanno fuorché la scienza del bene e del male; di quei giovani, i quali tutto hanno imparato fuorché rispettare i vecchi; di quelli imbecilli che presumon conoscer la repubblica senza aver prima conosciuti loro stessi1. Credimi, o Critone: i mali son gli stessi da per tutto.

Forse un giorno taluno imporrá fine al loro cicaleccio2. Archita non lo cura, ad onta che il piú delle volte si parli di lui, e non sempre con giustizia. E qual giustizia sperare da coloro che siedono tutt’i giorni in un portico per ragionar di regni? O presto o tardi si credono di esser re. Ma Archita, a taluno che gli ha consigliato di vietar tali adunanze, ha risposto: — Tu vuoi dunque che il popolo creda alle parole di costoro? Nessun uomo mostra la sua stoltezza, né il popolo se ne accorge

  1. PLATONE, Alcibiade primo.
  2. Avvenne ai tempi posteriori, quando a Taranto fu tolta la libertá da quei generali stranieri che avea invitati. STRABONE, VI.