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68 | PLATONE IN ITALIA |
Se tutte le cose, delle quali gli uomini si occupano, avessero quella evidenza di veritá che accompagna le cognizioni matematiche, tutta l’arte de’ retori sarebbe interamente inutile. Sola materia dell’eloquenza è ciò che è probabile1, e l’unico suo fine è quello di farlo apparir vero. Vuoi saper quali ne sieno i mezzi? Quegli stessi che adoprano i matematici: cioè preparar le menti altrui coll’esposizione di quelle idee che sono necessarie a poter comprendere quella che tu vuoi persuadere.
Il germe di tutte le veritá è in noi stessi; e quegli è l’uomo veracemente eloquente, il quale, conoscendoli, li sa fomentare, li fa schiudere e fa quasi costruir da me stesso l’idea della quale egli vuol persuadermi. Un loquace mi assorderá con inutili ciarle. Come le bálie stancano i fanciulli finché li sorprenda il sonno, e poi veggano la notte tutte quelle fantasme, onde loro avean ripiena la mente nel giorno; il sofista mi ridurrá a tacere, a dormire: la mia mente ondeggerá tra mille sogni. Ma non perciò tu potrai dire di avermi convinto: la mia mente non presterá mai pieno assenso se non a quella veritá che crede sua.
Quindi è che il nostro Parmenide, e dopo di lui il vostro Socrate, credevano il piú efficace metodo di persuadere esser quello d’interrogare. In tal modo si scandaglia la mente altrui, finché si ritrovino i germi di quella veritá che si ricerca, e nel tempo istesso si vanno sgombrando a poco a poco e tutt’i pregiudizi e tutti gli errori e tutte quelle parole inesatte, che ricoprivano i semi del vero ed impedivano che germogliassero.
Ma questo metodo può sol valere tra coloro i quali sentano giá l’amore della veritá, ed altro ostacolo non incontrano a pervenirvi che la mancanza dell’istruzione. Che farai tu con un popolo, a cui, prima di esporgli il vero, è necessitá ispirargliene l’amore? Tu devi superare quella naturai noia, che lo tien lontano da tutto ciò che è vero; tu devi vincere quelle passioni, che lo allontanano da ciò che è buono. Vincerai la noia destando la sua attenzione, e desterai questa commovendo
- ↑ ARISTOTELE, Retorica