Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/21

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l’idea di ciò che volea fare e che esistesse la materia dell’opera sua. Questa materia era eterna, senza forma, senza moto, senza figura, senza division di parti; capace però di tutte le leggi e di tutte le forine, tostoché un migliore autore gliele avesse date. Che è mai dunque quel mondo in cui noi viviamo? Non è altro che l’esecuzione dell’idea eterna, che esisteva nella mente dell’architetto eterno. Se in soggetto tanto sublime, quanto è quello di cui ragioniamo, fossero permesse le similitudini; se fosse concesso misurare la natura e Dio colle nostre piccole parole, si potrebbe dire che l’idea rassomiglia al padre, la materia alla madre ed il mondo sensibile al feto. «Tutto quello, dunque, che noi possiam conoscere nel mondo si riduce ad una delle tre cose: l’idea, la materia, il mondo visibile. Conosciamo la prima colla mente e colla ragione, l’ultima col senso. Ed in queste due cose avrem sempre veritá o almen certezza, perché è impossibile che non sia sensibile ciò che si sente, e che sia smentita quella idea che noi stessi colla ragione abbiam formata. Ma, ove si tratta di conoscer la materia, che altri chiaman ’ sostanza delle cose sensibili noi non abbiamo che un’adulterina specie di raziocinio, ed appena dal paragone di vari oggetti ci è permesso di andar raccogliendo qualche probabilitá. «Iddio non potea crear il mondo senza dargli delle leggi. Un Dio buono non potea essere autore se non di opera buona, e tale che egli stesso se ne fosse compiaciuto: non potea creare il mondo senza volerlo conservare. Questo mondo è uno; e come no, se per e mondo * noi intendiamo tutto ciò che è stato creato? È immenso, e come no, se fuori di lui non vi è altro che esista? Tutto ciò che era nell’idea esemplare b) della divinitá si contiene nel mondo; e, siccome quella racchiudeva tutti i possibili, cosí il mondo contiene tutti i fatti. La sua figura è circolare, perché il circolo è la piú perfetta tra le figure; e, se non fosse tale, avrebbe qualche sua parte la quale sporgerebbe nel nulla, e qualche altra maggiore o minore, il che (1) Archetipa.