Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/220

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mezzogiorno ed il levante (0. Ma, quando chiedi dell’origine di que’ popoli i quali abitano i monti opposti, e specialmente degli orobi, ti si risponde d’ignorarsi; prova di esser molto piú antica (*). Or tutto quell’infinito piano era giá formato, disseccato, coltivato fin dall’epoca della guerra di Troia. Tu rammenti Agenore ed i suoi compagni, che, scampati dal fuoco argivo, potettero venire a stabilir le loro sedi sulle sponde del l’Adriatico, e le trovarono giá coltivate da piú antichi abitatori. In quello stesso tempo era ancor tutto cinto dal flutto marino quel colle dove la bella e scellerata figlia del Sole, al lume degli odorati suoi cedri, empieva l’aer notturno di canti amtnaliatori, e mori di dolore di non aver potuto vincere la prudenza di Ulisse < 3 ). Oggi quel colle è riunito alla terra vicina; né dell’antica divisione memoria di uomo piú si ricorda. Se tanto tempo è stato necessario a riempire una brevissima spanna di mare, pensa da te stesso quante migliaia di anni sieno stati necessari per render abitabile l’immenso tratto che si stende tra le lagune degli eneti e le piú rimote fonti dell’Eridano. Non si può dir lo stesso della Grecia. Né in essa li monti sono tanto alti, né tanto regolare è la direzione de’ medesimi quanto lo è in Italia; onde è che non ha né molti né grandi fiumi, né tali che, urtando il mare tutti in una medesima linea, possan produrre un grande effetto. Molti de’ vostri monti sono disposti quasi in un circolo, talché, vedendoli, appare non aver dato se non tardi uno scolo alle acque che han dovuto accumularsi nelle loro valli; e forse la Grecia, molto tempo dopo essere stata abbandonata dal mare, è stata inabitabile per vasti laghi. Finalmente non avete le vaste pianure che abbiam noi e che non possono esser se non l’opera di molte migliaia di secoli. Il mare lambisce ancora i piedi de’ monti vostri, e tutto dimostra non averne lasciate le cime se non da brevissimo tempo. (i) Livius, v. (a) Catone, apud Plinium. (3) Plinio, Naturalis Aistoria.