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DAI FRAMMENTI INEDITI DELLE «OSSERVAZIONI SULLA STORIA DELL’ITALIA ANTERIORE AL QUINTO SECOLO DI ROMA».

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Se il tempo, il quale tanti libri mediocri e pessimi ci ha conservati degli antichi, ci avesse invece conservati i libri di Alcmeone, di Ocello, di Parmenide, di Filolao, di Timeo, di Archita, niun dubbio forse nascerebbe oggi sulla loro dottrina. Non si disputa per sapere se la medesima fosse o no ragionevole: solo si cerca sapere qual fosse; e, a dimostrar ciò, la testimonianza di quegli stessi che la professavano sarebbe irrefragabile. Noi però siam costretti a raccoglier la tradizione della dottrina loro da scrittori di molti secoli posteriori. Non è Archita il quale mi dice: — Io cosí penso; — è un altro il quale mi afferma: — Cosí pensa Archita. — Mi sará dunque permesso metter in esame la sua asserzione. Se Archita esistesse ancora, mi sarebbe permesso interrogarlo: non esistendo piú Archita, non mi sará negato interrogar qualche altro, il quale dica anche esso di averlo udito; non mi sará negato confermare o distruggere coll’autoritá di molti il detto di un solo. E, quando anche non esistesse piú alcun altro testimonio, non mi sará vietato interrogar la ragione, e prestar fede solo a ciò che mi sembra piú simile al vero. Tanta è la distanza che ci separa dai pittagorici ; tante e si varie sono le vicende che prima la loro setta, poscia la loro dottrina han sofferte, che, tra le calunnie impudenti de’ nemici e le lodi esagerate degli amici, difficilissimo è rinvenire quel punto di