Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/335

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rappresentazione, teatrale piú che storica, che gl’illuministi prima e i giacobini poi solevano esibir della vita politica di Atene, Sparta e Roma repubblicana. Chi di quest’ultimo fatto voglia una prova diretta, ponga mente ai parecchi scritti del Cuoco, ov’è detto e ridetto che, tra le cause principalissime degli errori della Rivoluzione, fu la nessuna conoscenza che i giacobini avevan della vera storia antica IO; e legga sopra tutto una sua lettera a Napoleone, ove non potrebbe essere spiegato piú chiaramente che, tra i «mille modi» coi quali egli aveva condotta la sua polemica antigiacobina, gli era parso «ottimo» quello per cui, «mostrandosi nel suo vero lume la storia e la scienza dell’antichitá, si riparasse in parte a quei tanti errori che la falsa interpetrazione della medesima avea prodotti» (*). Quali le fonti di un antigiacobinismo cosí tenace? La risposta piú comune è che il Cuoco si riattaccasse alla tradizione politica paesana. E, certamente, come una compiuta critica del futuro giacobinismo si trova giá in tre famose degnitá vicinane ( 3 ); cosí odiatore pugnace dell’illuminismo pregiacobino fu l’abate Galiani (4), e antigiacobino irriducibile restò, anche durante la Repubblica napoletana, il Galanti ( 5 ). Ma d’altra parte, per citar due fatti soli, non è tutta pervasa d’illuminismo (e di conscguente antimachiavellismo) la bibbia dei rivoluzionari napoletani del 1799, ossia la Scienza della legislazione di Gaetano Filangieri? e il pensiero del Vico non divenne forse illuministico, oltre che sensistico, nelle interpetrazioni o, meglio, contaminazioni di Mario Pagano? ( fi ). La veritá è che, a non far deflettere il Cuoco dalla migliore tradizione politica del paese (quella vichiana), concorsero da un lato (come giá nel Galiani) il suo tenersi sempre a contatto col Machiavelli; dall’altro, il suo vigile senso critico, il quale, nei tanti dibattiti politici del tempo, lo indusse ad audire, anche e sopra (1) Scritti vari, I, 327; II, 250-1. (2) Scritti vari, II, 324. (3) V, VI e specialmente VII. Cfr. Sdenta nuova seconda, ed. cit., p. 118 sg. (4) Cfr. F. Nicoi.ini, G. B. Vico e F. Galiani, in Giorn. stor. d. teli, ita/., LXXI (1918), 18-32. (5) Croce, La rivoluzione napoletana del 1799, 3. ediz. (Bari, Laterza, 1912), p. 256. (6) Di esse il C. parlò in un primo momento con grande entusiasmo (Saggio storico, ediz. Nicolini, pp. soS e 282, c Scritti vari, I, 271 sg.); ma, divenuto poi piú esperto nella filosofía vichiana, degradò il Pagano a semplice «espositore d Vico» ( Scritti vari, I, 343).