Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/55

Da Wikisource.

Tu dèi ricordarti ciò che dicea Socrate a Ione, quando costui volea concorrere al premio della poesia nelle feste di Atene. Quei suoi precetti, i quali a taluni sembravano astrusi e poco men che puerili, d’invocare l’ispirazione delle muse, di aspettar il dono de’ versi dal cielo ed altri simili, non tendevano che a dare un precetto solo: — Aspettate l’estro da voi stessi; sentite profondamente quello che volete esprimere, se bramate che gli altri lo sentano egualmente. — Imperciocché tu sai che Socrate vestiva i suoi precetti di parole popolari, ma dava alle parole quel senso che lor danno i saggi, e che un tempo, prima che Omero e gli altri poeti le corrompessero con immagini sensibili, lor davano tutti. Cosí quelle, che noi chiamiam muse, non sono giá compagne di Apollo, ne abitano sulla cima del Parnasso; ma sono bensí facoltá della nostra mente, che è parte dell’intelligenza universale: perciò si dicon figlie di Giove, il quale è nel tempo istesso e l’intelligenza e la forza universale, ed ha prodotte colla intelligenza tutte le arti belle, che han per oggetto l’armonia, e colla potenza tutte le arti utili, che han per istrumento la forza. Son figli egualmente di Giove tutti gl’inventori delle cose utili alla vita, che la gratitudine de’ posteri ha poi ascritti al numero degli iddíi. Si dicono anche le muse figlie di Mnemosine, perché la prima delle nostre facoltá, quella, senza di cui non avressimo verun’altra, è la memoria. L’armonia è nella natura; in noi non è che la facoltá di sentirla. Se la nostra intelligenza fosse libera da tutti gl’impacci del corpo, noi comprenderemmo in tutta l’estensione l’armonia della natura, ed allora non avremmo bisogno alcuno di arte per comunicarcela a vicenda; ma saremmo come tanti uomini assorti nel godimento di uno stesso spettacolo e beati per lo spettacolo e pel piacere di goderlo uniti; nel che io credo riposta la vera, la somma beatitudine. Ma la natura, nella peregrinazione di questa vita, non ci presenta che alcuni tratti dell’armonia sua; e questi tratti istessi non li presenta che parte ad uno e parte ad un altro. Quindi è necessario tra noi ne’ piaceri quello stesso commercio che V. CUOCO, Platone in Italia - li 4