Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/62

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militare; questa ha calmate tante dissensioni civili. Il braccio, il piede, il cuore del nostro cittadino ubbidisce a questa musica; questa musica ricorda al suo pensiero le vittorie sui messeni, Termopile, Platea; i fanciulli ripetono con questa musica le leggi di Licurgo; e, quando il giovine marcia alla guerra, pare che il suono di quel flauto, che misura i suoi passi, gli dica: — Va’, prode; questo istesso suono guidava tuo padre nella battaglia di Egopotaino, quando i nostri distrussero da capo a fondo la potenza dell’antica nostra rivale. — Ora coloro, che sono stati vinti in Egopotamo, pretendono insegnarci una musica nuova; e quali iddii, quali nomi, quali vittorie han per loro questi nuovi modi, che ne garantiscano l’effetto? Noi abbiamo una musica, ed abbiamo un costume. Vogliam noi forse prendere il costume de’ vinti? Or la musica non solo esprime i sentimenti nostri, dai quali i nostri costumi dipendono, ma li conserva anche e li cangia secondo eh’essa medesima o si conserva o si cangia. Talora la ragione, corrotta dagli esempi altrui, presenta ai sensi nuovi piaceri, nuovi bisogni, e perciò corruzione, miserie e delitti nuovi; ma spesso avviene ancora che i sensi, avvezzi a nuovi diletti, forzano la ragione a concederli, e, a misura che si moltiplicano le condiscendenze della ragione, cresce l’imperiositá de’ sensi. Insomma, il modo piú sicuro per conservar gli antichi costumi è sempre quello di conservar tutto ciò che li esprime. Or via ! — l’eforo ha detto — tu, nobile figlio di Teseo, dá’ pure il tuo calcolosi. — (i) Per V intelligenza della presente lettera vedi l’Appendice I.