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Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/93

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persone le quali ci furon care, la morte altro non toglie che il velo corporeo, ma rimane entro di noi viva la loro memoria, e la loro mente immortale è sempre presente alla nostra. Avete voi osservati que’ tigli che adombrano la mia casa? Uno di essi ha gli anni miei: i miei genitori lo piantarono nel giorno in cui nacqui ; l’altro era stato piantato nel giorno delle loro nozze. Quella vite, che ora ha stesi tanto i suoi rami e riveste colle sue foglie tutto l’interno portico della casa, fu piantata dalli miei genitori il giorno delle mie nozze... Oimè! la vite è cresciuta e, di tutti coloro che allora vivevano, oggi non rimango che io solo. E di questi due pini, uno fu piantato per la nascita di Attilia, l’altro per la nascita di... Ahi... egli sarebbe dell’etá vostra, o giovinetti!... — Tacque... a traverso della serenitá della saviezza traspariva il dolore... e mosse verso un monticello vicino, al cui piede vi era una grotta che la verde ellera quasi interamente ricopriva. Egli vi entra il primo, siede sopra una pietra ed appoggia la sua testa sopra un’altra, che avea l’apparenza di un sepolcro. Tale era di fatti. Egli continua a tacere, e noi a rispettare il suo dolore. Intanto i nostri occhi leggevano sul sepolcro un’iscrizione, la quale diceva: «A Claudia, dolcissima moglie e tenera madre, il marito e la figlia questo monumento dolentissimi posero. La terra, che ti fu cara vivendo, ti sia dopo la morte lieve *. — Avete letto? — disse egli, ripigliando il suo ragionamento. — Deh! perdonate l’eccesso del mio dolore... Io l’ho conosciuta questa donna adorabile: ella mi è stata amica; ella moglie; ella è stata mia per... venti anni. Giovine ancora, non altro avea chiesto agl’iddíi che rendermi degno di Claudia. E l’ottenni. Questa ferita, che mi vedete nel petto, io la ricevei quando i volsci minacciavano le nostre frontiere. Il capitano della mia coorte mi avea imposto di custodir con pochi uomini un passo importante tra le valli di Casino: il grosso dell’esercito era nella pianura che si stende tra Casino e Sora. I volsci lo circondarono. Non vi era piú scampo: i nemici eran giá padroni di tutte le prossime colline. Ma rimaneva ancora libera la vetta