Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/178

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inclinazione ed il naturale bisogno che abbiamo di formare e di servirci di principi generali, tra per la negligenza che naturalmente abbiamo in osservare, si veggono le osservazioni di un uomo reputarsi risultato delle osservazioni di tutti gli uomini, le pratiche di alcune etá tener luogo della sapienza del genere umano, gli usi di una limitatissima regione confondersi colle norme universali di tutta la terra: onde poi ignoranza, errori, pregiudizi e la corruzione o il lento progresso delle arti. Stabilito una volta un pregiudizio o un errore, l’ingegno umano per sua naturale indole si ostina a sostenerlo, ed associa le sue idee tanto ampiamente e tanto stranamente, che, per distruggerlo, invece di un errore, è necessitá combatterne mille, tra i quali molti tanto piú forti quanto che, avendo tutto il loro fondamento, non giá nella natura delle cose, ma nelle immaginazioni degli uomini, è sempre difficilissimo richiamar costoro al giudizio de’ sensi e trovare un fatto che smentisca le loro opinioni. Chi crederebbe, per esempio, che un popolo, che con ragione si venera come maestro in agricoltura, avesse limitato i suoi tentativi in far nuovi innesti, perché gli dèi aveano coi fulmini riprovata tale audacia? (0. Funesto esempio di ciò che può Io spirito umano, una volta traviato dal retto sentiero, e norma ai sapienti per ricondurvelo, incominciando sempre dall’osservazione!

Riportare continuamente gli uomini all’osservazione è il modo piú sicuro per allontanarli dagli errori; è il modo piú efficace d’insegnar loro ciò che è utile. Né altra è la ragione per la quale ne’ secoli barbari sono nate tutte le arti ed han fatti molto piú grandi progressi che ne’ secoli colti. A que’ secoli che noi chiamiamo «barbari» dobbiamo di fatti l’invenzione della carta, della bussola, della maiolica, de’ molini a vento, ecc. Ne’ secoli colti abbiamo certamente perfezionate tali invenzioni; ma, quando si paragona il cammino che lo spirito umano ha dovuto correre dalla ignoranza all’invenzione, oh di quanto esso è maggiore di quello che rimaneva a fare dal (i) Plinio, libro ix.