Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/184

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Presta ci ha dato sugli ulivi ; lavoro a cui niuna altra nazione può controporne uno eguale, ma lavoro che non si può sperare se non ripigliando tutte le idee degli antichi ed aggiugnendò all’esperienza nostra i duemila anni dell’esperienza loro. In quante pratiche di agricoltura noi ci siamo allontanati dal vero, sol perché non abbiam voluto seguire i nostri antichi? Il libro veramente classico di Tanoia sulle api lo dimostra ad evidenza. Tutti i prodigi narrati intorno questo utilissimo insetto sono svaniti; sono svanite tutte le quasi superstizioni che si praticavano nella di lui cura; le semplicissime pratiche de’ nostri antichi apuli, tramandateci per cenni da Varrone e da Aristotile, si son trovate esser al tempo istesso le piú ragionevoli, le piú facili, le piú utili. Noi interrogavamo gli altri per saper ciò che si dovesse fare, ed i nostri padri lo facevano da molti secoli.

Oserò io esporre un mio pensiero, con quella circospezione però che si conviene in un soggetto tanto dubbio e di tanta grandezza? Oggi tutta l’Europa crede, e crediamo anche noi, che l’introduzione de’ mcrinos sia l’unico mezzo di restaurare le degeneri razze delle nostre pecore. Io non mi opporrò a questa idea; ma non mi sará permesso di fare osservare che a tempo di Plinio e di Columella le nostre lane eran superiori di molto a quelle di Spagna? Queste venivano non solamente dopo le lane tarentine ma anche dopo quelle di Pollenzia. Col tempo il pregio delle lane nostre decadde, perché diminuí, colla barbarie, la cura diligentissima che si avea delle pecore ai tempi di Plinio. Alfonso di Aragona trovò la nostra pastorizia quasi interamente distrutta e volle rigenerarla. Si poteva allora proporre un problema: — Sará meglio rinnovar le razze degli animali o ripristinare l’antica industria degli uomini? — Io non so se il problema si propose: so che fu adottato il primo metodo, come quello che era piú facile, piú analogo al modo di pensare di un re aragonese, il quale dovea esser intimamente persuaso che le pecore della terra conquistatrice fosser naturalmente migliori delle pecore della terra conquistata. Allora quasi tutte le nostre pecore divennero spagnuole; ma ritornarono