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XVII

LA RIVOLUZIONE FRANCESE E L’EUROPA

I

Nei primi giorni dell’anno nuovo siaci permesso di arrestarci un momento, e considerare tutto ciò che è avvenuto nello scorso. Dopo le grandi vicende politiche, gli animi umani soglion rimanere malcontenti, perché il maggior numero suole confondere le novitá col male, e di questi mali ciascuno crede soffrirne la parte piú grande. Se si potesse fare, come desiderava Solone, che ciascuno trasportasse in piazza i mali suoi, per metterli in comune e dividerli poi di nuovo tra tutti in porzioni eguali, forse avverrebbe che ciascuno amerebbe ritornarsene in casa colla porzione propria. Questo profondo detto del piú grande de’ sapienti dell’antichitá perché non si può avverare? I nostri beni ed i nostri mali non si possono trasportare in piazza; ma chi ci vieta calcolare colla mente la somma de’ beni e de’ mali comuni, ed ottener lo stesso effetto, quello cioè di persuaderci che non vi sono tanti mali quanti si crede che vi sieno? Imperciocché i mali sono sempre gravissimi, intollerabili, quando noi facciamo noi stessi centro dell’universo, e, misurando tutte le cose da noi soli, ad ogni minima cosa che ci manca, ad ogni piú leggiero cambiamento che avviene intorno a noi, sogliain domandare: — Ma come si può vivere in questo modo? — Intanto, con tali mancanze, con tali cangiamenti, l’ordine universale migliora, e si renderebbe migliore anche la condizione nostra, se, deposte le nostre opinioni, risolvessimo di adattarci all’ordine generale migliorato. Spesso un cangiamento, invece di qualche picciolo bene perduto, ce ne offre mille nuovi, e noi continuiamo ad esser infelici sol perché o non vogliamo conoscerli o ci ostiniamo a non volerne usare.