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XXVII

LA GLORIA LETTERARIA E IL GUSTO

I

II gusto è l’arte di conoscere il bello; il bello è ciò che piace al maggior numero; e la gloria non è altro che l’applauso di questo stesso numero maggiore a ciò che gli piace. L’arte, dunque, di ottener vera gloria letteraria sará la stessa di quella di conoscere il bello; e chi conoscerá la vera natura della gloria saprá anche i veri precetti del gusto.

Un uomo di lettere s’inganna perché misura il piacere, che le sue cose produrranno negli altri, da quelle che producono in lui. Talora crede che sia applaudito dagli altri, perché è applaudito da qualche suo amico. Egli non si avvede che gli applausi che riceviamo dagli amici sono nostri, perché o ci si dánno in compenso d’altri applausi che giá abbiam prestati, o in anticipazione degli applausi che giá dobbiam restituire.

L’uomo che tiene in gran conto gli applausi degli amici rassomiglia a quei giovani figli di famiglia i quali spendon molto perché trovano chi loro presti denari ; dalla facilitá di averne credono che spendan denaro altrui ; ed al far de’ conti trovano che han consumata tutta la propria sostanza e che sono poverissimi. La cosa veramente utile, che ci possan dare gli amici, non è la lode ma la censura.

Io rido di quegli epiteti di «celebre», d’«illustre», di «chiarissimo», di «divino», che i letterati si -prodigalizzano a vicenda. Il piú delle volte mi par di vedere una societá di mercanti falliti, i quali traggono e ritraggono a vicenda delle cambiali di milioni, sol perché non hanno diecimila scudi effettivi per fare i fatti loro. Chi legge le cifre esclama: — Quanta