Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/230

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Seconda conseguenza: io son persuaso che il non piacere moltissimo ai suoi contemporanei non è sempre prova di demerito, ché anzi può talvolta esser segno di merito trascendentale in un uomo che è superiore al suo secolo. Altrimenti, qual altra ragione dare del fenomeno che costantemente si osserva, cioè che quegli scrittori hanno avuta piú durevole fama e piú estesa dopo la morte, che piú han sofferto di censure in vita? L’applauso de’ contemporanei spesso non altro mostra se non che l’autore non è loro superiore e che essi non lo invidiano. Gli uomini veramente grandi spesso Ploravere suis non respondere favorem Speratum meritis: diram qui con/udii hydrantj Notaque fatali portenta labore subegít, Comperit invidiam supremo fine dotnari, Urit enirn fulgore suo, qui praegravat artes Infra se positas: extinctus amabitur idem. Il Un altro fenomeno ho osservato, ed è quello che al maggior numero de’ lettori sembrerá il piú strano, mentre è il piú vero. Quando non si tratta di cose ma di forme (come, per esempio, quando si tratta di stile), il giudizio meno sicuro è quello degli uomini colti. L’uomo incolto non ha stile che dir si possa proprio; non ha cangiata la sua natura colla lunga abitudine contraria; incomincia ad ascoltarvi senza alcuna prevenzione e sente tutta quella forza che il vostro stile ha naturalmente. L’uomo colto, al contrario, ha uno stile suo; se egli lo ha scelto, è perché gli è parso il piú bello; e se gli par bello, è necessitá che gli sembri brutto tutto ciò che non gli somiglia. Ecco perché queste dispute sullo stile sono tanto frequenti tra gli uomini di lettere e tanto rare tra ’l popolo; né sempre esse sono effetto dell’invidia e dell’inimicizia letteraria. Non vi era né inimicizia né invidia tra Bruto e Cicerone: e pure lo stile del primo non piaceva al secondo, quello del secondo dispiaceva al primo. Era necessario effetto di quella seconda natura, che