Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/296

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creduto Torsi cosí di far la causa de’ poveri, e non si è visto che si rendeva eterna la cagione della loro povertá.

Coloro i quali odiano i grandi non intendono che, senza di essi, una nazione sarebbe sempre piccola, perché mancherebbe quell’immenso superfluo, che, nell’eguaglianza di divisione, sarebbe ripartito tra tutti, e che intanto è necessario che sia accumulato in poche mani, onde possa accrescer, con nuove industrie, la ricchezza dell’intera nazione. I grandi proprietari appunto son quelli che sviluppano il gusto in una nazione e che lo raffinano.

Quando è nata l’industria, non avete fatto nulla se non fate nascere il gusto. Finché vi restringete ai bisogni di semplice sussistenza, molto poco terrá il vostro vincolo sociale. Se vi fusse un popolo di Diogeni, questo popolo sarebbe indocile, difficile a governarsi, capace di molte virtú che rimarrebbero inutili e di molti eccessi che potrebbero divenir pericolosi.

Un’ certo agio nel popolo, Tesser ben vestito, ben nutrito, bene alloggiato, l’aver le prime idee di decenza fa sviluppar in lui l’amore dell’ordine e molte virtú private e pubbliche. Io sosterrò massima che non tutti crederanno vera: il maggior numero degli uomini crede che l’estremo de’ mali ha prodotti presso .

Queste osservazioni bastano nel popolo, ma non bastano ne’ grandi proprietari. In questi il gusto diventa lusso, perché l’uomo non si paragona piú con se stesso (questo paragone dá l’idea della nettezza, della comoditá, della decenza); ma si paragona con un altro uomo, e l’idea sua motrice è quella della vanitá, elemento necessario quanto la proprietá per le societá civili. In che si esercita questo lusso? Esso mi pare che, nel corso delle societá civili, abbia tre oggetti e tre epoche. Il primo oggetto è quello della ricchezza: è oggetto di lusso tutto ciò il quale può dimostrare che io sia piú ricco di un altro. Il secondo è quello del gusto, ed è il lusso delle belle arti. Il terzo è quello de’ piaceri, perché tre quarti de’ piaceri nostri vengono dal credere che altri li sappiano, se ne congratulino o c’invidino. Ma, siccome noi vogliam comparire nel tempo istesso e piú