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VIII

MORALE PRIVATA E RAGION PUBBLICA

Gli ordini pubblici degli antichi eran migliori de* nostri, perché era migliore la loro morale. Essi non distinguevano, come noi facciamo, i doveri dell’uomo da quelli del cittadino; non le leggi della ragion privata da quelle della ragion pubblica; né tra essi si è disputato, come tra noi, se ciò che era politicamente un delitto fosse anche moralmente un peccato.

Noi perciò abbiamo una morale imperfetta, e le nostre leggi non sono altro che editti armati.

Pochi sono i punti ne’ quali la morale privata e la ragion pubblica si accordino. ’Ambedue, per esempio, son di accordo a condannare un ladro; un vile, condannato dalla seconda, è scusato dalla prima. Eppure, finché noi sarem vili, finché non avremo virtú pubblica, invano ci vorremo sostenere colle nostre virtú private: esposti ai continui urti di quelle vicende politiche che turbano il corso di tutte le nazioni, noi cadremo in continue disgrazie, le quali renderanno inevitabile la pubblica miseria, lo sconvolgimento di tutti gli ordini ed in conseguenza i delitti.

Nell’attuale stato dell’Europa si può dire, senza offender nessuno, che i quacqueri son quelli i quali conservano maggior puritá di costume. Ma essi hanno nella loro morale due precetti singolari: il primo è quello di non giurar mai, neanche per attestare il vero; il secondo, quello di riguardar con orrore la guerra. È noto ciò che loro disse un gran cancelliere d’Inghilterra a proposito del primo: — Conducetevi sempre bene: ricordatevi degli asini, i quali non vollero esser ferrati : alla prima caduta, disse loro Giove, sarete bastonati. — Non è però noto egualmente ciò che disse a proposito del secondo, ed io